La divisione in tre atti – Incipit e Finale – Pillola 4
Siamo partiti dall’Idea base abbiamo fatto la nostra scaletta (Fabula, Intreccio e Scaletta) abbiamo scelto il narratore e il punto di vista (Il Narratore, Il Punto di Vista) siamo pronti per la stesura?
Ancora no, per andare avanti dobbiamo fare un passo indietro e collocarci tra il 334 e 330 a.c., quando Aristotele, uno dei più grandi pensatori di tutti i tempi, scrisse la Poetica, un trattato che esamina la tragedia e l’epica e riflette su quelli che sono gli elementi necessari per costruire delle storie, con personaggi ed eventi. Le preziose indicazioni che vengono date sono ancora oggi usate da scrittori, sceneggiatori e drammaturghi, a volte anche inconsapevolmente.
Secondo Aristotele il dramma deve avere un inizio, un mezzo e una fine e questa divisione in tre atti deve essere proporzionata.
Brevemente diamo qualche numero comune a più storie:
Nella sceneggiatura (circa 120 pagine): il primo atto è composto da circa 20 pagine, il secondo da 45-60 pagine, il terzo da 25-35.
Nei film avremo: circa 30 minuti di primo atto, circa 50-60 minuti di secondo atto e circa 20-30 minuti di terzo atto.
Approfondiremo questo tema in un altro articolo (con set up, turning point, climax, risoluzione etc.), ora restiamo sul nostro romanzo.
Anche per il romanzo questa struttura è valida, possiamo pensare ad una premessa (primo atto, 25% del libro) in cui viene presentato il protagonista, il suo mondo, la sua vita quotidiana. Poi verso la fine di questa prima parte accadrà qualcosa che cambierà la realtà e che costringerà il nostro protagonista a mettersi in gioco. Nella parte centrale (secondo atto, 50% del libro), il nostro protagonista dovrà affrontare degli ostacoli, delle prove che renderanno molto difficile il raggiungimento dell’obiettivo. In questa parte ci sarà un cambiamento radicale del nostro personaggio. Nella parte finale (terzo atto, 25% del libro) ci sarà la risoluzione e il protagonista, dopo tutte le esperienze vissute, ne uscirà cambiato.
Tutti questi punti li tratteremo meglio in un articolo in cui approfondiremo il Viaggio dell’Eroe, che ci farà comprendere tanti altri aspetti che forse non avevamo mai notato leggendo un libro.
Ovviamente questa non è una regola fissa, ma vi consiglio di tener presente questa struttura perché serve per dare il giusto equilibrio a ciò che raccontiamo.
Per cui riprendiamo la nostra scaletta e vediamo se negli eventi che vogliamo rappresentare è rispettata una buona proporzione. Aiutiamoci con queste domande:
- Il nostro inizio, la nostra premessa ci introduce già nella storia mostrandoci il mondo narrativo, il personaggio, i suoi problemi? Si conclude con un evento che costringe il nostro personaggio a fare o cambiare qualcosa?
- La nostra parte centrale presenta abbastanza ostacoli, conflitti, nemici che rendono la vicenda appassionante?
- La conclusione porta il protagonista a una situazione finale in cui viene mostrato un cambiamento del personaggio stesso?
Prima di lasciarvi alle vostre riflessioni voglio accennare all’INCIPIT di una storia e al suo FINALE, in modo che possiate decidere come partire e dove arrivare:
Con l’INCIPIT, l’inizio della storia, il lettore viene trasportato nel mondo narrativo, un mondo diverso da quello reale, con delle sue regole ben precise. Si sottoscrive un patto tacito tra lettore e narratore che comporta la sospensione dell’incredulità: il lettore deve essere disposto a credere a ciò che il narratore sta raccontando. Però non si può credere proprio a tutto… per attivare il meccanismo di sospensione la storia deve essere verosimile e coerente.
Anche questo argomento lo approfondiremo in un altro articolo, per ora basti pensare a Harry Potter o ai libri di fantascienza e qui proseguiamo con il nostro incipit.
Come iniziare? Con una descrizione per esempio, introducendo in modo piatto e lineare la storia. Si può mostrare la città o l’ambiente in cui si svolge la vicenda. Oppure si può partire direttamente con un fatto (esempio classico è l’omicidio). Si può iniziare con il personaggio, con la sua vita, con i suoi pensieri, ma volendo anche dalla fine per poi continuare con un lungo flashback, oppure dal mezzo della vicenda.
Questi sono solo degli esempi da cui trarre ispirazione, ma ognuno può iniziare come vuole, l’importante è:
- Iniziare in modo efficace, evitando che il lettore legga le prime righe e ripoggi il libro sullo scaffale.
- Non limitarsi a dire, ma mostrare, far sentire quello che si racconta. Bisogna creare empatia tra il lettore e il personaggio, le vicende, la storia.
- Essere essenziali, non divagare, non descrivere troppo, non dilungarsi in dettagli che distolgono l’attenzione.
Il FINALE: per ora, per semplificare, diciamo che si può scegliere un finale chiuso o circolare, cioè quello che chiude tutti i drammi aperti. La storia inizia e finisce riallacciando tutti i fili. Si ha una storia completa (pensiamo ai romanzi a lieto fine o alle favole). Oppure si può scegliere un finale aperto, cioè un finale che comunque rende la storia autosufficiente, ma che lascia volutamente una sospensione che fa immaginare il proseguimento di qualcosa. In questo ultimo caso al lettore restano dei dubbi che proverà a risolvere da solo.
L’importante è dare al lettore ciò che si aspetta, ma non come se lo aspetta.