
LA BAMBINA E IL NAZISTA di Franco Forte e Scilla Bonfiglioli
Trecentocinque pagine lette in un pomeriggio.
Una bambina e un ufficiale di complemento che ha perso sua figlia e che decide di salvare la bambina, in pieno Olocausto.
Non dico altro sulla trama, perché va letta, gustandola o divorandola (come ho fatto io).
La forza del romanzo sta nella contrapposizione tra la profonda dolcezza che spicca nei rapporti tra il Nazista e la Bambina (e anche tra il Nazista e sua moglie e la figlia), e il profondo orrore che segna quel periodo così buio e terrificante della Storia, raccontato in modo diretto e crudo, ma senza tediare.
E così se fuori ci sono l’umiliazione, la privazione della libertà, il dolore, la sofferenza, l’impotenza, la rabbia, l’odio, la morte, dentro c’è l’amore che tiene viva una luce candida in grado di generare speranza e di vincere su tutto.
Gli orrori e gli errori del passato non si possono cancellare e non si devono dimenticare, e questo racconto li ricorda tutti, ferendo senza pietà il lettore e trascinandolo in un baratro crudele e amaro, ma nell’inferno dei campi di sterminio prevale un sentimento più forte a cui il lettore si aggrappa con tutto se stesso, che emoziona e che si condivide fino alla fine perché il senso di umanità non potrà mai essere sepolto.
Lo stile è semplice, efficace, pungente, nel bene e nel male, e se la storia funziona è anche grazie alla maestria, all’abilità e soprattutto al grande coraggio con cui i due autori hanno saputo raccontarla.